La birra trappista affonda le sue radici nel XVII secolo, più precisamente nelle abbazie dei monaci affiliati all’ordine cistercense.
Il nome “trappista” proviene dall’Abbazia di Notre-Dame de la Trappe, dove l’abate Armand Jean Le Bouthillier de Rancé apportò alcune modifiche all’ordine cistercense, ribattezzandolo “ordine cistercense della stretta osservanza”.
Questo nuovo ordine imponeva ai frati una vita dedicata alla regola benedettina dell’ora et labora, e da questi cambiamenti è nata la birra trappista.
Birre trappiste: il disciplinare da seguire
La birra trappista, detta anche birra d’abbazia, è regolamentata da un disciplinare stabilito nel 1997, anno in cui venne fondata l‘International Trappist Association (ITA).
Quest’associazione era inizialmente composta da otto abbazie trappiste, sei delle quali si trovavano in Belgio, una in Olanda e una in Germania. Attualmente, il numero dei marchi riconosciuti ufficialmente è salito a 12.
Le regole principali per poter etichettare una birra come “trappista” sono:
- La birra deve essere prodotta all’interno di un’abbazia trappista dai monaci dell’abbazia stessa;
- Ogni abbazia ha il controllo sulla produzione e la commercializzazione della birra;
- I ricavi delle vendite devono essere destinati esclusivamente al sostentamento delle comunità monastiche trappiste e alle loro opere benefiche.
Birre monastiche: caratteristiche comuni
Le birre trappiste variano notevolmente tra loro, ma condividono alcune caratteristiche comuni. Di solito, vengono prodotte con un lievito ad alta fermentazione e subiscono una rifermentazione in bottiglia.
Hanno un aroma fragrante e un sapore abboccato, pieno e maltato. Si servono a una temperatura tra i 12 e i 15 gradi e presentano una gamma di colori che va dall’oro ambrato al marrone scuro, con una gradazione alcolica che oscilla tra il 5% e il 10%.
Il futuro delle birre d’abbazia
Le birre trappiste prodotte dai monaci delle abbazie europee, in particolar modo di quelle delle Fiandre, hanno una lunga storia di apprezzamento ormai in tutto il mondo.
Tuttavia, questa tradizione centenaria sembra ora minacciata da una crescente crisi delle vocazioni monacali che potrebbe portare, nei prossimi anni, all’interruzione della produzione di queste bevande alcoliche uniche.
Il caso emblematico riguarda l’abbazia che produceva la Achel, ceduta a imprenditori privati nel 2021. Attualmente, in Belgio sopravvivono solo cinque monasteri produttori di birra, il più antico dei quali è l’abbazia di Westmalle.
Stando alle parole del priore di Westmalle comparse su un articolo a tema leggibile online, la società contemporanea offre poche motivazioni per intraprendere la vita monastica.
La vita religiosa non è più considerata significativa e spesso è associata a connotazioni negative. Anche se la realtà è diversa e la produzione di birra, ad esempio, viene portata avanti con grande passione.
Per poter continuare la produzione di queste bevande, nonostante il calo delle vocazioni, una possibile soluzione potrebbe essere quella di fare affidamento sui frati dei monasteri che operano negli altri continenti. In questi paesi, infatti, le vocazioni sembrano addirittura essere in crescita anziché in declino.
Questo permetterebbe di rendere i monasteri più internazionali e appetibili alle giovani generazioni di monaci.
Solo il tempo potrà dirci se questa soluzione sarà l’unica percorribile per garantire il perpetuarsi della birre monastiche.