L’amore è eterno finché dura (e sopraggiunge la separazione)…

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L’amore è eterno finché dura non è solo un film di cui Carlo Verdone è regista e interprete, ma anche il titolo di questo articolo di approfondimento sulle separazioni legali, oltre che la cruda realtà!

Chi dice che a finire sia solo ed esclusivamente il sentimento, magari un po’ frivolo, di due giovani fidanzatini?

Dopo anni di relazione, può esaurirsi anche l’amore di una coppia sposata, perché non è certo il matrimonio a garantire la durata del sentimento…

Ma cosa accade se l’affetto si dissipa solo per uno dei due?

Se, ad esempio, una moglie si accorge di non provare più sentimenti nei confronti di un marito comunque sempre ligio ai suoi doveri coniugali e fedele negli anni?

Accade che non gliene si può fare una colpa, e che ha tutti i diritti di chiedere la separazione, senza che l’altro vi si possa opporre e senza nemmeno temere delle ripercussioni legali per questo.

Non potranno infatti essere avanzati addebiti di responsabilità né richiesti risarcimenti danni.

Solo nel momento in cui si dovessero rinvenire reali e conclamate condotte colpevoli di colui o colei che richiede la separazione scatterebbe l’addebito a carico di chi si voglia separare e a vantaggio del coniuge “leso”.

E nemmeno automatica è l’aggiudicazione dell’assegno di mantenimento per il solo fatto di essere la parte “danneggiata”, dovendosi invece verificare, affinché ciò avvenga, un consistente squilibrio tra i redditi dei due soggetti in causa, cosa che impedirebbe ad uno dei due di mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio (si tratta in buona sostanza di una misura adottata dal giudice per cercare di smorzare una differenza economica molto marcata).

Dunque, la condanna a corrispondere il mantenimento è “indipendente” dalle motivazioni che hanno indotto la separazione, anche nel momento in cui si dovesse accertare che quest’ultima è stata determinata dalla condotta colpevole del coniuge: in questo caso si determinerà una separazione con addebito, ma non un diritto al mantenimento che, come detto, scatterà solo dall’accertamento di una notevole diseguaglianza economica tra gli ex (oppure nel caso di figli minori all’indirizzo del genitore affidatario, che spesso e volentieri è la mamma in caso di prole in età da obbligo scolastico, alla quale viene poi pure assegnata la casa coniugale).

In definitiva, la separazione può essere chiesta quando la convivenza non è più tollerabile, e questa intollerabilità può essere sperimentata anche solo da uno dei due coniugi, e anche se l’altro non si è macchiato di alcuna condotta colpevole (come potrebbe essere un adulterio, un maltrattamento, un abbandono del tetto coniugale), ma “solo” perché il sentimento amoroso si è esaurito.

L’altro non vi si può opporre e deve patire la decisione.

Né può pretendere una qualche forma di risarcimento.

Al più potrà intervenire contro l’assegnazione del mantenimento qualora ritenga che non ne ricorrano i termini, e in quel caso non si potrebbe più impiegare lo strumento della separazione consensuale, ma si dovrebbe “ripiegare” sulla separazione giudiziale (che, vale la pena ricordarlo, avrà un decorso decisamente più lungo, dispendioso e astioso).

Resta comunque il fatto che non si potrà evitare in alcun modo la cessazione del matrimonio, giacché non si può obbligare l’altro ad amare e a restare contro la sua volontà nella relazione…

Smettere di amare non è una colpa né un reato, nemmeno se si è legati all’altra persona dal vincolo matrimoniale, e in questo frangente una richiesta di separazione non necessita di essere “motivata” da altre cause; e allo stesso modo non può essere “colpevolizzata” con alcuna conseguenza, né in termini di addebito né di mantenimento (che come detto scatta solo per questioni di forte disparità economica).

Alla fine, non resta altro che mettersi l’anima in pace!