“Questo non lo butto, questo nemmeno”: il disturbo da accumulo e la psicoterapia individuale

A cura della psicologa psicoterapeuta Dott.ssa Stefania Ciaccia

Ti è mai capitato di vedere, andando a trovare i nonni, gli zii, qualche parente o qualche amico, di trovare che la casa di queste persone fosse troppo “piena” di oggetti? Ninnoli e soprammobili che adornano ogni angolo, qualche bomboniera che giace sopra l’armadio da tempo immemore, il ripiano con esercito di Swarovski che ti osserva (che probabilmente richiede diverse ore per essere spolverato).

Tutto ciò è in realtà abbastanza normale, soprattutto invecchiando (ma succede anche a molti giovani) si tende a legarsi affettivamente a oggetti, per il momento storico in cui sono entrati a far parte delle nostre vite o per ciò che rappresentano.

Questi, in ogni caso, non si potrebbero definire accumulatori seriali.

Siete mai stati in una casa dove una sola via centrale (larga circa un metro) permette di spostarsi all’interno dell’appartamento, mentre tutt’intorno siete totalmente circondati da “cose”, sparse casualmente ovunque, disposte in scatoloni e borsoni, che hanno totalmente sommerso e divorato i mobili, dove non mandereste in bagno nemmeno il vostro nemico e con una cucina dalla quale non vorreste nemmeno un caffè?

In questo caso probabilmente avete a che fare con un accumulatore seriale.

Il disturbo da accumulo in psicologia

Il mondo della psicologia, nell’ambito della psicoterapia individuale, ha riconosciuto con difficoltà l’esistenza di questo disturbo, che per molti anni è stato considerato un sintomo sottostante ad altri problemi psicologici (come il disturbo ossessivo-compulsivo, la depressione o la cleptomania).

Anche il nome stesso con il quale viene catalogato, Hoarding Disorder, lascia spazio ad ambiguità di traduzione (hoarding significa “accaparramento o appropriazione”).

Dai primi studi…

Gli studi riguardanti il disturbo da accumulo sono relativamente recenti e finalizzati soprattutto all’applicazione nei percorsi di psicoterapia individuale, per meglio riconoscere e poter affrontare il problema, aiutando il paziente a comprendere nello specifico i meccanismi sottostanti al disturbo.

Nel 1996 Frost e Hartl provarono a definire un primo modello cognitivo comportamentale che integrasse le diverse informazioni presenti sull’accumulo compulsivo; questo definiva il Compulsive Hoarding come un disturbo multiforme caratterizzato da:

  • Un deficit nell’elaborazione delle informazioni;
  • Problemi avvenuti durante la formazione degli attaccamenti emotivi o stili di attaccamento disfunzionali;
  • Evitamento comportamentale e isolamento;
  • Credenze errate riguardo la natura di beni e oggetti.

Come puoi notare già da questi primi studi, pur essendo l’accumulo di oggetti la parte più evidente del disturbo, è in realtà solo una delle sue componenti, affiancata sempre da problemi di tipo emotivo (dovuti in alcuni casi anche a traumi che accentuano comportamenti disfunzionali).

…al DSM-V

Il DSM altri non è che il principale testo di riferimento per psicologi e psichiatri, un manuale diagnostico e statistico che raccoglie tutti i disturbi riconosciuti a livello internazionale; viene (ovviamente) costantemente aggiornato con il riconoscimento di disturbi specifici.

Fino al 2013 l’accumulo seriale non era riconosciuto come un disturbo autonomo, con propri criteri diagnostici, ma dalla quinta edizione del manuale si trova la definizione di Hoaring Disorder come di un disturbo caratterizzato dalla difficoltà a liberarsi di determinati oggetti (quelli presenti nella casa del soggetto) e dall’ansia legata anche solo all’idea di separarsi da queste cose.

Resta comunque (anche nella catalogazione) un disturbo in qualche modo legato al DOC, infatti, si possono notare altri sintomi ossessivi circa nel 25% dei pazienti affetti da accumulo patologico.

Psicoterapia individuale e Hoarding Disorder

Essendo l’Hoarding disorder un disturbo scoperto recentemente e fortemente correlato ad altri disturbi, prima di procedere con la psicoterapia individuale è importante riconoscere se nel caso specifico si tratti di un sintomo o se ci troviamo nel disturbo da accumulo in modo specifico.

Esistono terapie farmacologiche, che possono intervenire sulla parte più evidente del disturbo, ma sono relativamente poco efficaci nel curare le sue cause profonde.

Inoltre, bisogna sempre tenuto conto del fatto che normalmente le persone affette da accumulo compulsivo sono poco coscienti del disturbo e spesso non considerano nemmeno problematica la situazione in cui si trovano.

In uno studio di psicoterapia individuale, la terapia più efficace si è dimostrata quella cognitivo comportamentale, che nel caso specifico comincia proprio da un lavoro di focalizzazione e motivazione al trattamento.

L’obiettivo è rendere la persona cosciente della propria situazione e insegnarle a fronteggiare i momenti in cui il disturbo si manifesta in maniera più evidente, imparando modalità alternative di risposta.

Secondariamente a questo il lavoro si focalizzerà sulla modifica di convinzioni e atteggiamenti più vicini alle reali cause del disturbo.